Capitolo sesto
FINE DELLA CLANDESTINITA' - NASCITA DELLA REPUBBLICA
LE LOTTE CONTADINE DAl (1946-1949)
Le classi subalterne del catanzarese e del reggino fino agli anni cinquanta esprimono la loro carica rivendicativa di lotta per la terra. Le popolazioni agricole delle provincie calabresi si concretizzano nella richiesta di una diversa distribuzione delle che tenesse conto dei bisogni e delle esigenze di migliaia di famiglie contadine. Nel raggiungimento dell’obbiettivo della conquista delle terra finalmente i contadini della Calabria si ritrovano uniti politicamente, nelle agitazioni sociali che tradizionalmente erano espresse sotto forma di contestazione settoriali isolate.
le lotte per la terra propugnate dai partiti della sinistra, costituiscono un momento d’attacco ad una societ&agtave; organizzata in una certa maniera nel lavoro e nella produzione.
Le lotte che si sviluppano nella provincia di Cosenza dal 1947, hanno diverse ramificazioni: agitazioni contadine per le occupazioni di terre incolte e semicoltivate; scioperi operai e bracciantili per ottenere miglioramenti salariali; lotte operaie per una diversa organizzazione del lavoro ij fabbrica, scioperi a rovescio per il lavoro di disoccupati, edili e sottoproletariati. Per le popolazioni agricole del cosentino l’occupazione delle terre non costituiva una novità Era infatti diffusa fra i contadini poveri di invadere le terre incolte in alcuni periodi dell’anno per piantarvi alcuni prodotti destinati al diretto consumo delle loro stesse famiglie. L’azione dei sindacati ed i partiti della sinistra per ‘occupazione delle terre incolte, come momento di pressione sulle forze governative per giungere ad una legge di riforma agraria, favorendo nello stesso tempo un capillare collegamento fra le masse contadine dei diversi paesi del cosentino, e, originariamente un spontaneo movimento così il 1 maggio 1948 i contadini di Celico, Spezzano Sila, Spezzano Piccolo, Casale, Trenta, Pedace, Serrapedace,Pietrafitta e Acri, procedevano all’occupazione di vaste estensioni di terra per seminarvi la segala e la patata, come era avvenuto negli passati con tempi differenti nelle invasioni da parte delle famiglie contadine nei diversi paesi. Così è ancora nel marzo del 1949 per i contadini di Roggiano Gravina, di Spezzano Albanese, di S.Lorenzo del Vallo, di Sibari e di Cassano, I contadini del cosentino nelle occupazioni di terre del maggio 1948 e del marzo 1949, non rivendicavano la proprietà delle terre occupate come era avvenuta per le occupazioni dal 1946 in poi nel catanzarese, ma esercitano nonostante gli ingenti schieramenti di forze dell’ordine e le intimidazioni degli agrari, un loro diritto, acquisito nel tempo, di coltivare su terreni di grossi proprietari latifondisti determinati prodotti. Nell’autunno del 1949 il movimento contadino del cosentino procede all’occupazione e all’invasione delle terre, rivendicando il pieno possesso del terreno occupato. Nell’autunno del 1949 si verifica il più grande movimento di occupazione di terre registratosi un Italia, l’occupazione delle terre coinvolge tutti i paesi della provincia di Cosenza e si allarga anche nel catanzarese che si culmina con l’eccidio di Melissa. Da parte del governo si risponde con misure repressive facendo confluire in Calabria ingenti forze di polizia provenienti da Bari e Napoli, e dopo il terzo giorno dell’occupazione cominciarono gli arresti in massa. Furono arrestati fra gli altri, il segretario provinciale della Confederterra, Cesare Curcio, i dirigenti sindacali di Bisignano, Roggiano, Rende, Amantea, San Lucido e Bonifati; centinaia furono inoltre i mandati di cattura spiccati contro i contadini che avevano partecipato all’invasione, fra cui 83 nel circondario di Paola. Il movimento non si sfaldò, nè: si arrestò di fronte a queste misure repressive,ma anzi coinvolse nuovi strati di popolazione, nel comune di Bisignano “alla notizia dell’arresto di trenta di loro, 200 donne partivano nella stessa notte per andare a sostituire sui campi le squadre che rano venute a mancare”. Accanto alle lotte contadine per la terra si sviluppano dal 1947 e fino al giugno 1949 (anno in cui viene raggiunto l’accordo fra Confida Federbraccianti per la stipula di un contratto nazionale di braccianti) lotte bracciantili provinciali per ottenere miglioramenti salariali, il contratto provinciale e nazionale. La Federbraccianti proclama uno sciopero di due ore di tutte le categorie lavoratrici per il 31 marzo 1947 in tutte le tre provincie calabresi; cortei e scioperi in molti comuni del cosentino vengono organizzati per il 24 novembre e per il 2 dicembre dello stesso anno, allo sciopero nazionale del maggio 1949 organizzato dalla Federbraccianti; nel cosentino soprattutto, nei paesi silani, alle manifestazioni bracciantili si aggregano altri ceti sociali: edili, artigiani, disoccupati, ecc. Il 15 giugno 1949 viene proclamato lo sciopero generale di 24 ore in tutte le campagne italiane in sostegno dei braccianti. A queste lotte bracciantile gli agrari rispondono con intimidazioni e licenziamenti, le forze dell’ordine con cariche violente ai cortei, con arresti e uccisioni. Così è, ad esempio, a Bisignano dove il 24 novembre 1947 un corteo popolare organizzato in solidarietà alla lotta dei braccianti del luogo viene aggredito dai carabinieri che sparavano raffiche di mitra; un operaio ti trentatre anni rimaneva ucciso, diversi erano i dimostranti feriti. Nella cronaca degli avvenimenti pubblicata su “l’Unità” del 26 novembre 1047 si legge: Ieri pomeriggio a Bisignano alcune centinaia di dimostranti dopo un comizio si recavano a dimostrare sotto la sede dell’Uomo Qualunque. Contro i dimostranti intervenivano con violenza i carabinieri e dal gruppo di questi ad un certo momento partiva una raffica di mitra che colpiva a morte l’operaio 33enne Rosmundo Mari. Altri dimostranti restavano feriti leggermente. Mentre i carabinieri si davano alla fuga la folla esasperata invadeva la sede dell’Uomo Qualunque che veniva completamente distrutta. Nel pomeriggio di oggi la salma del Mari è giunta a Cosenza. Il lavoro è stato di nuovo sospeso e tutti i negozi sono rimasti chiusi”.In una interpellanza urgente rivolta al ministro degli interni sui fatti di Bisignano, gli onorevoli Gullo, Priolo, Mancini e Silipo affermano fra l’altro: “E’ davvero doloroso che all’ostinata trascuratezza del governo nei rapporti con quelle popolazioni patriottiche e tranquille si aggiunge ora la violenza e lo spargimento di sangue, che crea lutti, spreme lacrime e scava solchi profondi di irritazione e di protesta”.
Dalla chiusura dei cantieri e delle piccole fabbriche e dal licenziamento da parte della mano d’opera per ristrutturazione aziendale. Si creano nel cosentino a partire dal dicembre dal 1956 episodi di mobilitazione operaia. Ad Amantea per tutto il 1947, le operaie nelle industrie per la conservazione del pesce denunciano attraverso una lotta unitaria il regime di sfruttamento; in fabbrica il salario delle operaie oscillava dalle 50 alle 25 lire all’ora, a quelle con famiglie a carico non venivano corrisposti gli assegni familiari, frequente era fra l’altro l’impiego di mano d’opera costituita da bambini (al di sotto dei quattordici anni). A Grisolia sono gli operai della SAFFA che, di fronte alle intenzioni padronali di chiudere lo stabilimento, occupano, dal dicembre 1948 al gennaio 1949, il cantiere, decidendo di passare all’autogestione della lavorazione e della produzione del legno. Numerose fermate di lavoro vengono attuate nel 1949 anche dai 130 operai della Rivetta di San Basile, che culminano nell’aprile in uno sciopero contro la fabbrica, contro il regime di sorveglianza istauratavi e per ottenere la scarcerazione di due operai arrestati nelle prima fase degli scioperi. La prima metà del 1949 è d’altronde caratterizzata, in tutta la provincia di Cosenza, da continui scioperi alla rovescia di disoccupati che culminano nel giugno in uno sciopero ad oltranza, sospeso solo il 20 giugno (a dieci giorni dall’inizio) dopo l’accordo intervenuto fra Camera del Lavoro e autorità provinciali e commerciali per l’immediato inizio di un primo lotto di lavori pubblici.