Capitolo quarto
ORGANIZZAZIONE DELLE LEGHE E DELLE SOCIETA' DI MUTUO SOCCORSO.
La Calabria si presenta come una società di tipo agrario patriarcale, alla quale ci tenevano legati economicamente e psicologicamente, artigiani, operai e contadini, ai quali era ignoto un qualsiasi orientamento rivoluzionario. In Calabria, come risulta dal censimento del 1901, mancavano nuclei industriali di una qualche consistenza e , quindi, è naturale che di classe operaia non si possa ragionevolmente parlare. La componente fondamentale dell’economia calabrese e, più generalmente, di quella meridionale era costituita dunque dall’agricoltura i cui limiti ed i cui squilibri si traducevano, pertanto, nei limiti e nelle difficoltà di sviluppo dell’intera società calabrese. I caratteri della propriet&abgrave, terriera di Calabria si sono tradizionalmente qualificati con la presenza massiccia del latifondo, che agiva come elemento di equilibrio sulle condizioni dell’economia regionale e come motivo di tensione nei rapporti tra le masse contadine e gli operai, che, peraltro stendeva a trovare, attraverso la guida del movimento cattolico e del nascente movimento socialista, una soluzione politica positiva.
La commissione parlamentare che svolse i suoi lavori nei latifondi in Italia, sotto la presidenza del senatore Faina del 1907 al 1911, constatò che numerevoli latifondi si trovano nelle provincie calabresi, nel cosentino, dei 152 comuni, ben 39 possedevano latifondi, mentre nella provincia di Reggio C. su 107 e nel catanzarese nei 154 solo 12 erano i comuni che possedevano latifondi. In seguito all’emigrazione massiccia verso le Americhe dei contadini e operai che nella provincia di Cosenza raggiunse l’84%, i fitti dei terreni ebbero un ribasso,ma, nello stesso tempo, al ritorno i contadini (americani) investirono i loro risparmi nell’acquisto do terre, creando così il costituirsi di una piccola proprietà coltivatrice, che risultò antieconomica fra valore di mercato e reddito. Enormi sforzi vengono condotti in Calabria per organizzare i contadini, dato che quest’ultimi non partecipavano affatto alla vita amministrativa,essi dimostravano una estraneità ai problemi sociali ed economici, dovuto allo stato dei contratti agrari, alla incidenza del latifondo e alle bizze dei Signorotti borghesi che si contendevano il dominio amministrativo locale. Per iniziativa del partito cattolico nel vallo di Cosenza si costruirono le prime leghe di lavoro; anche a Paola ed a Catanzaro si ha qualche accenno di organizzazione per merito del partito socialista. Se si prescinde dal vallo di Cosenza si riducono a società di mutuo soccorso, nelle quali l’elemento contadino e in numero scarso o manca affatto. Nel 1904 in Calabria operano, infatti, 113 società di mutuo soccorso ( 26 nella provincia di Cosenza, 38 in quella di Catanzaro, 49 nel Reggino). Trascurabile all’inizio del secolo era il movimento cooperativo fra i contadini, organizzato per la quasi totalità nel circondario di Palmi dalle società di Mutuo Soccorso, a leghe come si verifica in quello di Cosenza. Egualmente scarse e ugualmente organizzate le leghe operaie e contadine, così come rivelano i dati riferentesi al 1° bimestre del 1907. Le leghe operanti per contadini nella provincia di Catanzaro erano 5 con 1394 soci, mentre 10 con 2709 soci operavano nel cosentino; altre 18 leghe erano organizzate per i lavoratori di altri rami, erano presente in Calabria con appena 929 iscritti. La quasi totolità delle società di mutuo soccorso, delle case rurali e, più genericamente, il movimento di organizzazione era nelle mani del partito cattolico, solo al termine del primo decennio del secolo la presenza di leghe di ispirazione socilista avrà apprezzabile incidenza. Peraltro già a questi primi sintomi di risveglio organizzativo delle forze contadine ed operaie, i proprietari guardavano “con occhio pauroso ed incerto”, come rilevava la commissione Faina, soprattutto quando la lotta spiegata da quelle leghe si concretizzava in successi immediati quali la conquista di alcuni comuni, quali Bonifati e S.Pietro in Guarano, che peraltro, non segnarono l’inizio di una modifica radicale dei rapporti amministrativi: I caratteri di quelle leghe, agricole soprattutto, operanti in Calabria sono esemplarmente riassunti dallo Statuto del regolamento della lega agricola di Catanzaro; all’art. 3) leggiamo:” la lega ha lo scopo di migliorare moralmente e materialmente le condizioni dei lavoratori delle campagne”; all’art. 4). “a raggiungere lo scopo di cui all’articolo precedente la lega si prefigge: a) ottenere, per vie legali, una graduale diminuzione delle ore di lavoro per i salariati. b) Migliorare i patti colonici, ottenere le graduali dei fitti, ed assistere il colono nei contratti con propri avvocati. c) Promuovere le affittanze collettive. d) Istituire cooperative agricole e di consumo. e) Migliorare la cultura generale e tecnica dei soci ed educarne i cuori ai principi della solidarietà e della fratellanza umana, e all’uopo si prefigge riaprire un corso di scuola per analfabeti ed istituire un ciclo di conferenze, per il perfezionamento tecnico” all’art. 8 )infine, leggiamo: “la lega seconderà tutto il movimento moderno del proletariato internazionale tendente alla emancipazione della classe lavoratrice”.
L’opera di queste leghe fu generalmente moderata nella azione sindacale, esse di mostrarono restie a far ricorso all’arma dello sciopero anche se, come sottolinea la commissione Faina: “ la Calabria è in complesso la regione dove non si sciopera; caratteristica al riguardo la seguente risposta da Castiglione Cosentino:”non si conosce questa parola (sciopero); nè stimo che giammai si saprà, stante la tradizionale discendenza da padre in figlio della colonia, per cui tra padrone e contadino esiste un vincolo morale spesso più, volte centenario”. L’organizzazione operaia e contadina fino al 1912 nella provincia di Cosenza procedeva lentamente: al 1° gennaio 1908 agivano in Calabria 19 leghe di assistenza lavoratori della terra: nel catanzarese erano in numero di sette, nel cosentino a conferma di una più vivace capacità associativa operavano 12 leghe con un totale di 2894 iscritti, con sedi a Cosenza(212), Aprigliano (103), Lappano(42), Bisignano(150), Cerisano(119), Luzzi(340), Mendicino(2509, Pietrafitta(129), rose(381), S.Vincenzo la Costa(70), Paola(320). E’ significativo che tranne le leghe di Cosenza, Mendicino, Pietrafitta, S.Vincenzo la Costa e Paola, tutte le altre si qualificarono cattoliche.
a) La fondazione della 1^ camera del lavoro di Cosenza.
Una C.d.L.(Camera del Lavoro) a Cosenza iniziò la propria attività solo nel 1912, e in brevissimo tempo potè contare una adesione numericamente superiore a quelle di ogni altra operante nella regione; soprattutto per l’impulso che venna dall’impego di P. Mancini e di Federigo Adami su venti leghe di lavoratori dell’industria, alla data del 1 gennaio 1908: 17 risultavano iscritti a C.d.L. con 884 soci, le rimanenti 3 con 171 soci, A federazioni di mestiere. Il movimento associativo progressivamente andò consolidandosi così come testimoniano i dati delle leghe operanti nella provincia di Cosenza alla data del 1 gennaio 1911: 34 leghe presenti nella nostra provincia, tutte qualificate cattoliche tranne cinque. Il movimento cattolico, già alla fine del secolo aveva espresso una personalità robusta, Don Carlo de Cardona, un prete fortemente a sinistra, avverso al liberalismo, massoneria, borghesia, ma singolarmente aperto ai problemi dibattuti dai socialisti. Mancini, ricordando la costituzione della Camera del Lavoro di Cosenza, che espletando un’attività assistenziale accompagnato da un concreto impegno sindacale, riportò notevoli successi e guadagno significative adesioni, conferma la popolarità e l’attivismo politico dei cattolici: “mancavano all’organismo confederale i contadini del contado cosentino: Vallo, Portapiana, Diodato, Badessa, Varrasano: Invano si era tentato di avvicinare i giovani più intelligenti. Imperava su di essi l’autorità sacerdotale di Don Carlo de Cardona, che li aveva legati alla Cassa Rurale e li aveva catechizzati contro l’organismo confederale dove, a suo dire dominavano i socialisti nemici della religione. La solita propaganda falsa che pur dava risultati contro l’organismo sindacale così pieno di prospettive per la lotta contro il padronato”. Data la scarsa organizzazione del partito socialista in Calabria non si può di vera propaganda contro la guerra e tanto meno contro le istituzioni. É bensì vero che manifestazioni pubbliche si sono verificate in provincia di Catanzaro: a Serra San Bruno, Fabrizia, Limbadi, Chiaravalle centrale, Nicastro, Maida; ed in provincia di Cosenza: a Oriolo, Marano, Mormanno, Rossano, Acquappesa, ma esse non ebbero origine nè politico, essendo state determinate unicamente dalla penuria di taluni generi di prima necessità, dal caro vivere e dall’inerzia delle amministrazioni comunali a provvedere in tempo ed adeguatamente ad eliminare la cause legittime del malcontento popolare.
In complesso il 1919 rivelò un nuovo attivismo socialista, di cui può essere indicativo il quadro complessivo delle agitazioni contro il caroviveri da sezioni e leghe socialiste. In provincia di Catanzaro si ebbero manifestazioni oltre al capoluogo, in altri 23 comuni con due morti fra i dimostranti e 73 arresti; nel cosentino si ebbero tumulti a Cosenza ed in altri sette comuni: Cariati, Cassano Ionio, Bisignano, Aprigliano, Belvedere Marittimo, Corigliano Cal., Paola, con 68 arresti. Nel reggino infine, si ebbero scontri in otto comuni con 45 arresti.
b) L’occupazione delle terre nel 1919:
“Nel 1919 a Cosenza (provincia) vi sono 195.000 proprietari con 447.341 ettari di terra di essi 174.000 (60%) piccoli proprietari possedevano appena 64.000 (14%) ettari di terra, in media meno di mezzo ettaro per ogni proprietario, mentre soli 195 (0,1%) grossi proprietari ne possiedono 184.000 (41%) ettari pari a circa 1.000 ettari in media per ogni grande proprietario. Prima dell’abolizione della Fedualità ed antecedente alla ripartizione dei beni Feudali, ripartizione avvenuta intorno al 1810, e alla spartizione dei beni ecclesiastici effettuati nel 1860, le popolazioni di questa regione esercitava il diritto degli usi civici quasi su tre quarti dei terreni esistenti nella regione stessa. Detti abitanti perciò , avevano diritto, nei terreni in parola, di allignare, di seminare, di pascolare le proprie bestie e di raccogliere, di detti fondi, castagne, ghiande ecc…Avvenuta la ripartizione, molti dei detti terreni, o per dir meglio la maggior parte di essi, sono stati usurpati dai rappresentanti della nuova casta o borghesia che dir si voglia, formatasi a seguito del decadentismo della nobiltà e dell’abolizione dei diritti feudali. I nuovi possessori del pubblico demanio, però, ed i comuni stessi ai quali vennero assegnati molti fondi in parola, abolirono gli usi civici e così al popolo, il quale usufruiva nel modo indicato di circa 700.000 ettari di terreno di natura diversa (demanio universale), rimanere com suol dirsi gli occhi per piangere. (Si calcola che i terreni usurpati dai pirati della terra nell’intera regione e dei quali potrebbe ancora essere rivendicato il possesso, ammontano a ettari 100.000 circa).Per comprendere l’uso delle risorse immense delle terre del latifondo che fanno i proprietari basta ricordare questi dati: il barone Gallucci ne destina 1500; il barone Barracco “altrettanto e anche più”, (il primo cioé Berlingieri, risulta proprietario di 15.000 Ha”. Il movimento di occupazione delle terre nel cosentino fu guidato da Stanislao Carbone, Antonio Ciarrotta e Antonio Mosca, coi suggerimenti di Pietro Mancini, Fausto Gullo ed Enrico Mastrocchi.
Vi furono sommosse ed occupazioni nei seguenti centri: S.Giovanni in Fiore, Pallogorio, S.Nicola deell’Alto, Cerenzia, Savelli, Spezzano Sila, Caccuri.
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